Valutazione funzionale
Quali test utilizziamo
Un’analisi posturale globale, che consideri tutti i parametri di forma e funzione: assialità, escursione articolare, mobilità, dolore e dolorabilità, forza, elasticità ed equilibrio, oltre che naturalmente l’analisi funzionale del gesto, a partire dalle attività della vita quotidiana fino alle specificità più dettagliate del gesto tecnico sportivo in questione, ci permette di capire da quali presupposti strutturali e funzionali partiamo. L’anamnesi clinica del paziente ci fornisce le informazioni di cui abbiamo bisogno per conoscere la storia del trauma e della disfunzione, e ci permette di individuare eventuali correlazioni con le strategie posturali del soggetto.
La misurazione baropodometrica in statica e in dinamica, ad occhi aperti e occhi chiusi, ci esprime un’analisi di riscontro oggettivo dell’ equilibrio del soggetto, della linea di distribuzione dei carichi podalici, da fermo ed in movimento, della sua capacità di adattarsi al suo squilibrio, e delle eventuali perturbazioni visive o neurologiche.
Test di natura posturologica (di analisi dei recettori) e di declinazione osteopatica (di analisi di disfunzione articolare), ci permettono di cercare ed individuare la spiegazione di tutti i compensi e degli adattamenti al quale il nostro sistema ricorre per assicurarsi temporaneamente una funzionalità non ideale ma almeno soddisfacente. Il nostro corpo cerca di riadattarsi ad un nuovo equilibrio, ma l’utilizzo di più compensi è presto foriero di dolore, e determina alterazioni posturali che si stanno strutturando o che si sono già strutturate.
L’analisi dinamica della deambulazione e della corsa, ci permette di determinare quanto gli atteggiamenti precedentemente evidenziati nei test precedenti incidano sulla biomeccanica in dinamica del soggetto quando dalla fase di doppio appoggio passa ad una fase di doppio volo tipica della corsa, con carichi palesemente superiori, e momenti rotazionali più ampi e più veloci.
Lo studio delle varie fasi di appoggio podalico, dalla fase di contatto iniziale, a quella di appoggio intermedio e infine a quella propulsiva, ci permette di evidenziare problematiche legate ad eccessi di pronazione e intrarotazione tibiale che portano spesso a gonalgie di varia natura, o ad eccessi di supinazione, con conseguenze sintomatiche di altro tipo proprio per la mancanza di quell’aspetto di ammortizzazione dell’impatto legato allo svolgimento dell’elica podalica.
Lo strumento terapeutico
Lo strumento terapeutico è di tipo conservativo e va verso il riequilibrio muscolare, la rimozione dei blocchi articolari, tecniche mio-tensive, di stretching, di normalizzazione mio-fasciale, il potenziamento delle strutture deficitarie, un programma di sensibilizzazione propriocettiva, la correzione dell’esecuzione di movimenti, gesti o esercizi non corretti per la biomeccanica del tutto individuale del soggetto.
Grazie a questi mezzi è possibile alleviare e, nella maggior parte dei casi, risolvere l’aspetto sintomatico della problematica di tipo degenerativo progressivo, alterandone e spesso arrestandone l’evoluzione.
Tramite una vasta batteria di approcci terapeutici che ha come fine la risoluzione della sintomatologia, sia in acuto che nel cronico, disponiamo della capacità di riportare il soggetto verso il suo equilibrio muscolo-articolare non sintomatico.
Anche nelle situazioni di degenerazione progressiva artrosica o artritica è possibile, tramite gli strumenti terapeutici più specifici, arrestare o rallentare tale progressione, variare i carichi e i momenti angolare, risolvere la sintomatologia.
La circolazione?
Un corretto movimento delle articolazioni vuol dire una mobilità non problematica, e una conseguente ideale vascolarità e drenaggio. La normalizzazione dei flussi linfatici e vascolari, innervazioni è intervento necessario.
Quando i picchi pressori podalici non sono funzionali alla biomeccanica più ideale per le vostre strutture la circolazione non sarà efficace, determinando un ridotto apporto nutritizio ai tessuti periarticolari e alle strutture a valle, e una incapacità di drenaggio e di rimozione dei cataboliti. Lo stesso discorso vale a livello dei seni venosi craniali, necessitando di un approccio osteopatico a livello craniale.
Anche il decorso dei nervi può essere ostacolato da alterazioni del movimento, o da blocchi articolari e dare luogo a fastidiose nevriti, parestesie e dolori.
Misurazioni oggettive
L’analisi clinica deve essere associata a delle misurazioni quantitative, molto importanti nell’ottica della definizione dei carichi, dei picchi pressori, delle linee algoritmiche del nostro movimento.
Con l’ausilio di pedane baropodometriche a sensori capacitativi è possibile misurare i carichi in posizione statica, rilevando squilibri di carico in appoggio ortostatico, rilevando squilibri pressori tra i due piedi, e relativamente al carico avampodalico e retropodalico del singolo appoggio podalico, oltre alle oscillazioni posturali
Con la rilevazione dinamica su pedana baropodometrica possiamo invece elaborare una completa analisi computerizzata del passo che ci fornisce una chiara definizione delle linee di movimento di rotolamento del piede per determinarne la funzionalità biomeccanica del piede nelle fasi di contatto iniziale, appoggio intermedio e propulsione.
La valutazione dei dati avviene in tempo reale e viene calcolata immediatamente e i risultati sono disponibili da subito e stampabili a colori.
Perché il piede è importante?
Agire sul piede, prendendo in considerazione e modificando gli equilibri rotazionali determinati, siano essi causativi della problematica o adattativi rispetto ad una problematica localizzata in sede diversa, vuol dire agire su un organo di elevatissima complessità e sensibilità per perseguire equilibri sensibili tra parti connesse.
Il piede è il recettore posturale più importante, organo di senso e di moto, la nostra interfaccia con il mondo esterno e mezzo di movimento. Ogni problematica o intervento su queste strutture determina delle alterazioni di carattere sovrasegmentario che si riflettono fino alla posizione del capo, passando per tutta la gamba e la coscia, e determinando posizioni in bascula, rotazione, e flesso-estensione del bacino che si ripercuotono direttamente su tutta l’estensione del rachide, delle spalle e della posizione del capo.
Un piede piatto, o con forte sindrome pronatoria, ad esempio, se posto in equilibrio, determinerà un nuovo aggiustamento correggendo le rotazioni non fisiologiche di tibia e femore poste in articolazione cardanica sul piede, ma anche un riequilibrio del bacino e del rachide che magari rimuoverà quella fastidiosa lombo-sciatalgia, o addirittura quella cervicalgia di compenso.
Il concetto di catene muscolari e di fasce analizza proprio questi aspetti di correlazione tra strutture dello stesso organismo intimamente connesse e costantemente sinergiche in un sistema che necessita di un’analisi approfondita delle strutture anatomiche specifiche, ma intimamente connesse con tutto il resto della nostra organizzazione anatomica.
E per lo sport e la preparazione atletica in palestra?
Anche durante l’attività sportiva risulta di fondamentale, e se possibile di maggior importanza, sapere come il nostro corpo trovi i suoi adattamenti a degli alterati equilibri muscolo-articolari. Il carico infatti, in considerazione della dinamica, aumenta nelle strutture esposte alla disfunzione o lesione, determinando la manifestazione sintomatologica in tempi ridotti, proporzionalmente, al carico, all’intensità, alla frequenza, alla velocità di esecuzione del gesto atletico. Qualora la sintomatologia sia già presente è essenziale intervenire subito perché non si risolva in effetti cronici. Un soggetto che fa costruzione muscolare si trova a gestire carichi di notevole importanza perchè adattativi, questo incrementa e amplifica eventuali squilibri posturali, inserendo costantemente una serie di compensi che presto o tardi presenteranno il conto.
Un soggetto durante la corsa appoggia il piede a terra con dei picchi pressori che arrivano fino a cinque volte il proprio peso, è facile immaginarsi che cosa questo determini se l’assetto biomeccanico-posturale non è ideale.
Perché è importante agire in tempo?
Il nostro corpo struttura le nuove posizioni compensate, si irrigidisce intorno a queste nuove distribuzioni spaziali, altera l’elasticità delle strutture, fibrotizza la muscolatura, cambia la morfologia articolare e ossea determinando cambiamenti irreversibili se non con la chirurgia.
Fino a quando c’è movimento c’è vita, e c’è la possibilità di correggere l’articolarità problematica, o almeno guidarla verso uno sviluppo più fisiologico del movimento. Ecco perchè è necessario agire il prima possibile!!!
Quali altri strumenti?
Altri mezzi sono la shoe-therapy e la terapia ortesico-plantare, prescritta e confezionata su misura, con presa in calco gessato o su schiuma fenolica del vostro piede, che riporti fedelmente la vostra morfologia e la posizione di neutra sottoastragalica.
Una volta analizzata la dinamica del passo e la corsa nella fattispecie, vengono decisi gli obiettivi da perseguire sul piano della mobilità, della forza, le proposte di intervento si svilupperanno intorno alla scelta della scarpa più adatta per la biomeccanica del soggetto, e da proposte di natural running gait retraining, che abbiamo come presupposti una normalizzazione del movimento della corsa verso un’azione piu’ fisiologica e efficiente possibile, senza rischi di infortuni tipici della rieducazione alla corsa.
L’ortesi plantare riequilibra la vostra posizione acquisita e automatizzata nello spazio, aiutando le strutture muscolo-scheletriche a ritrovare l’equilibrio ortostatico ideale e lo svolgimento della biomeccanica più economica ed efficiente per il nostro corpo, e riequilibrando i picchi pressori della vostra struttura podalica, sia che essa agisca in senso funzionale biomeccanico che in senso propriocettivo.
Per un principio di pendolo inverso, camminiamo appesi al suolo e rotoliamo intorno a dei fulcri che disegniamo con i nostri passi. Le alterazioni sui piani frontale, sagittale e trasversale ci danno una libertà nello spazio che rende la nostra deambulazione del tutto individuale e riconoscibile, ma non per questo ideale e aproblematica.
Le nostre risposte al carico della forza di gravità e alle forze di reazione al suolo sono di natura fisica-newtoniana. Si tratta, a questo punto, di leggere nel quadro più ampio possibile che tipo di equilibrio-squilibrio è stato determinato nel tempo dal nostro corpo, valutando come le nostre strutture reagiscono a certi stimoli, che grado di mobilità hanno, che traumi hanno subito, che tipo di automatismo neuro-muscolare ricercano nell’ottica del minor dispendio energetico in direzione antalgica, nel perseguimento della massima efficienza possibile, e nella soddisfazione del bisogno di comfort.