Nella prima parte dell’articolo abbiamo salutato con soddisfazione e orgoglio la prestazione di Eliud Kipchoge, Lelisa Desisa e Zersenay Tadese, atleti mirabolanti, soffermandoci sulle caratteristiche della maratona corsa sabato 6 maggio alle 5.45 di mattina nell’Autodromo di Monza, che le conferiscono l’aspetto di un test in vitro, più che di una vera e propria 42k.
Un primato che fa rumore
Si parla evidentemente di atleti eccezionali, ma ancora una volta, date le caratteristiche “falsate” di questo tipo di gara, si rischia di far passare in secondo piano proprio l’atleta. L’obiettivo non è stato raggiunto, il record però, omologabile o meno, è stato ottenuto, e ha fatto rumore. Resta un’abile mossa di marketing. Ma per che cosa esattamente? Ci è sfuggito qualcosa? Non credo che la Nike si lascerà sfumare la possibilità di sottolineare la finalità di questo esperimento o, se non altro, i meriti della tecnologia che propone.
Oltre a un’abile azione di marketing si tratta di un vero esperimento scientifico a tutti i livelli, di un test di laboratorio su pista, senza però tralasciare il vero motivo di questo happening: il lancio della nuova scarpa della Nike, la più veloce di sempre, la Nike Zoom Vaporfly Elite. L’azienda era rimasta effettivamente un po’ al palo rispetto alle grandi concorrenti per quanto riguarda l’offerta di un prodotto valido e performante, in particolare rispetto ad Adidas, ancora detentrice del record del mondo.
Punto di partenza e punto di arrivo
La scarpa utilizzata è il punto. Il punto di partenza e quello di arrivo. La causa e il fine di tutto questo rumore. E allora cerchiamo di esplorarne i contenuti. Le caratteristiche della scarpa Nike Zoom Vaporfly Elite, che dovrebbe essere la chiave del risultato, sono, molto banalmente, quelle perseguite da tutti i produttori attuali: leggerezza, ammortizzazione e reattività.
Non si arriva a 190 grammi di peso (numero 10US), ma, attenzione, questo non va a discapito dell’ammortizzazione: una nuova schiuma superleggera denominata ZoomX assicura un’ammortizzazione ideale con una spessa intersuola in grado di dissipare i carichi, per non correre rischi durante le corse su lunghe distanze. Quest’intersuola ammortizza ed è capace, nel contempo, di dare grande reattività, grazie anche a una piastra in fibra di carbonio che restituisce energia, immersa tra due strati di ZooomX. Inoltre, la forma della Vaporfly favorisce una corsa avampodalica, e come potrebbe essere altrimenti se questi atleti vanno sotto i 3 minuti al km. D’altronde a queste velocità la corsa avampodalica risulta più efficiente metabolicamente rispetto a quella retropodalica.
L’aspetto particolarmente rilevante è la presenza di un’intersuola insolitamente alta, che raggiunge i 31 millimetri nel tallone e 21 millimetri nella parte anteriore. Risulta, quindi, rispettata la linea di mantenere il drop elevato e un’abbondante consistenza di materiale nell’intersuola. Questa idea era già presente nell’Adidas Adios Boost del record di Berlino di Kimetto, che presentava un differenziale di 10,5 mm e uno spessore sul tallone di 26 mm della Adidas.
Così, a occhio, non ricordo scarpa da gara più spessa di questa, indizio evidente di quanto il minimalismo non sia, né per Nike né per Adidas, i due colossi del settore, una strada da percorrere nella ricerca della performance. La leggerezza è invece prioritaria, e questo lo abbiamo già evidenziato quando abbiamo parlato di risparmio metabolico.
Una scarpa nata per vincere
Insomma, a giudicare da quello che si vede nella massima espressione di tecnologia costruttiva applicata al soddisfacimento della performance, non sembra proprio che le scarpe da corsa abbiano una tendenza alla riduzione del drop o dei centimetri di spessore dell’intersuola, anzi… Sembra addirittura evidente che la linea di sviluppo sia esattamente contraria a quella del minimalismo, che qualcuno ci propone come rivoluzionario, a zero drop e scarsa intersuola, espressione degli anni 2009-2012 sulla scia delle Vibram, e cavalcata dalle aziende di tutto il mondo.
La scarpa extrammortizzata Zoom Vaporfly Elite, senza perseguire criteri estetici, è oggettivamente poco accattivante, quanto basta per capire che il suo vero fine è arrivare dritti al punto: il risultato. È un animale di razza, progettato per competere e vincere. È concepita esclusivamente per il record. Non risponde solo a criteri di comfort, già ampiamente definiti come elemento di risparmio metabolico, ma a criteri prestativi per atleti dalla biomeccanica ideale, per macchine perfette da record, ma con caratteristiche desiderabili da ogni runner. Sorprendente, quindi, il fatto che questo extracushioning non sia riservato all’atleta lento e pesante, ma alla soddisfazione del risultato su atleti che raramente segnano più di 60 kg sulla bilancia e corrono sotto i 3min/km.
La tendenza è incontrovertibilmente quella del massimalismo. Il minimalismo è già finito da anni negli Stati Uniti, e i dati di vendita lo dimostrano. Il dato più interessante, però, è che in questo tentativo di performance, in cui la scienza è stata amplificata agli estremi per la ricerca del risultato, l’efficacia di una strategia di marketing per una scarpa da corsa diventa dipendente dalla stessa performance prodotta. Tanto più efficace quanto la performance si orienta verso il massimo perseguibile, nella ricerca del record, che è la performance assoluta. “La vendiamo perché è la più veloce – sembrano dirci – e ne abbiamo le prove”. La tecnologia, quindi, ci illumina verso la via da percorrere, per macinare chilometri abbiamo bisogno di ammortizzazione, ma con materiali innovativi, che ci permettano anche leggerezza e tanta, tanta reattività.
Non ci resta che farci un giro su queste Vaporfly, quando saranno commercializzate, per poterne dare un giudizio fuori dall’oggettività delle prove di laboratorio e dei tempi raggiunti dagli alieni in questione. E, ora, ci aspettiamo una risposta da parte di Adidas e degli altri produttori, per capire, ancora una volta, dove ci porterà la tecnologia.
Nei prossimi articoli del mio blog continueremo a parlare di massimalismo ed extracushioning come la vera nuova frontiera della calzatura sportiva.